IL RITRATTO DI DORIAN GRAY  
 

Musiche
Mario Ciervo e Tato Russo
con la collaborazione di Giovanni Giannini

Versi
Tato Russo

Con
Michel Altieri, Irene Fargo, Tato Russo, Katia Terlizzi, Filippo Brunori,
Silvia Dolfi, Emanuele Puglia.

Tratto dal romanzo di Oscar Wilde

Scene Uberto Bertacca
Costumi Giusi Giustino
Coreografie Aurelio Gatti
Orchestrazioni Giovanni Giannini
Assistente alla regia Franco Travaglio
Collaboratore alla regia Tonino Accolla

Regia

Tato Russo

Produzione Teatro Bellini
Teatro Stabile di Napoli IL RITRATTO DI DORIAN GRAY
(Tato Russo, Mauro Ciervo)

Londra 1891.
Dorian Gray, un giovane di incomparabile bellezza, viene ritratto dall'amico pittore Basil Hallaward in un quadro di straordinaria somiglianza, nel quale l'artista, invaghito dallo splendido candore del ragazzo, riesce ad immortalare magnificamente quell'idea di bellezza che Dorian Gray suggerisce ai suoi ammiratori. Convinto, poi, che l'opera sia intimamente legata al suo modello, Basil regala il quadro al giovane. Dorian Gray, nel frattempo, conosce lord Henry Wotton, raffinato epicureo, mentore cinico e dotato di particolare eleganza, il quale mostra al giovane amico la facile strada verso un'esistenza lussuriosa e priva di alcuno scrupolo morale, la più congeniale alla sua incontaminata bellezza. Si appropria della filosofia di vita e delle maniere da perfetto dandy del suo mentore e ben presto comincia a guardare alla bellezza come a qualcosa di assolutamente irrinunciabile, tanto da provare invidia verso il suo stesso ritratto, trasformandosi nel più affascinante esemplare dell'estetismo decadente. Così, il ragazzo lascia la fidanzata, un'attrice di teatro di nome Sybil Vane, che, per il dolore, morirà suicida e si abbandona ad una vita di dissipazione e di vizi che culmina con l'omicidio dello stesso Basil. L'ossessione per il suo aspetto estetico conduce il protagonista ad invocare il demonio, affinché conceda a lui di restare eternamente giovane e bello e al quadro di invecchiare al suo posto. Per uno strano sortilegio, la richiesta si avvera: nessuna traccia della sua vita balorda e sfrenata segna il suo splendente volto, mentre il quadro, nascosto in soffitta, porta mostruosamente i segni della sua aberrazione. Dopo ogni sparizione da Londra, al rientro, si reca segretamente in soffitta per controllare e schernire il suo ritratto che invecchia sempre di più, giorno per giorno, e si trasforma a ogni delitto o malvagità che egli compie, quasi fosse diventato lo specchio della sua anima, un severo atto di accusa contro la sua condotta immorale. Al punto che Dorian non riesce più a sopportarne la vista e, in un momento di disperazione, lo sfregia con un pugnale. Ma colpire il ritratto, che racchiude in sé la sua anima, significa colpire se stesso ed improvvisa avviene una doppia metamorfosi: il ritratto torna quello d'uno splendido giovane, mentre sul volto di Dorian compaiono i segni della sua vita dissoluta. Per terra rimane il corpo di un irriconoscibile e mostruosamente avvizzito Dorian Gray, morto con un coltello conficcato nel cuore.

 

 


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