Le loro canzoni sono affollate di personaggi turpi e dissoluti:
squilibrati, tossicomani psicopatici, prostitute, delinquenti.
Ma il mito dei Rolling Stones non è solo violenza selvaggia.
Jagger e compagni, infatti, sanno anche commuovere con un
paio di ballate struggenti come “Play With Fire” e “As Tears
Go By” e progredire verso un suono più maturo. Ne è un saggio
Aftermath (1966), il primo album interamente composto da
Jagger e Richard. E’ una successione di capolavori, dalla
ballata acustica e ambigua di “Lady Jane” (dedicata a una
donna o alla marijuana?) all’incalzante “Under My Thumb”,
dal ritmo ossessivo di “Out Of Time” al magico sitar di
“Paint it black”, inno mistico e inquietante al “lato oscuro”
dell’animo umano. Anche gli arrangiamenti si fanno più ricchi.
Alla sezione chitarra-basso-batteria si aggiungono strumenti
come il dulcimer, le marimbas, il sitar, il flauto e ogni
tipo di tastiere. La teoria di singoli di successo prosegue
con la blasfema, elettrizzante “Mother's Little Helper”
e con la sensuale “Let's Spend The Night Together” (la cui
censura operata dai media porta al successo il lato B, “Ruby
Tuesday”), mentre le sceneggiate di Jagger sul palco (il
primo album dal vivo, Got Live If You Want It!, viene pubblicato
solo sul mercato discografico statunitense) e i clamorosi
arresti per droga di Jagger, Richards e Jones (agli inizi
del 1967) riempiono le cronache.
Prolifici ormai non solo di singoli, ma anche di album,
gli Stones escono nel 1967 con l’accoppiata Between The
Buttons e Their Satanic Majesties Request, due lavori sull’onda
della febbre psichedelica che contagia la Gran Bretagna
a partire da “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band” dei
Beatles. Anche Jagger si dichiara seguace del Maharishi
Mahesh Yogi, ma Their Satanic Majesties Request, l'album
che più risente di queste influenze, è un mezzo passo falso,
parzialmente riscattato da brani suggestivi come “Dandelion”
e “She's A Rainbow”. Il ritorno in grande stile avviene
nel 1968 con due bellicosi 45 giri, “Jumpin' Jack Flash”
e “Street Fighting Man”, ispirati dai disordini studenteschi
che infiammano il mondo, e con l’album Beggar's Banquet,
che vira verso sonorità più asciutte, in linea con il blues-rock
depravato degli esordi. Emblema di questo “ritorno al Male”
è l’inno satanico “Sympathy For The Devil” (con un fraseggio
pianistico di Hopkins). Nel frattempo, gli Stones scaricano
Oldham e si affidano a Allen Klein, registrando un tv-show
(con Who, John Lennon & Yoko Ono, Jethro Tull) che resta
inedito fino al 1996 (The Rolling Stones Rock & Roll Circus).
Ma la storia della band più oltraggiosa d’Inghilterra volge
presto in tragedia. Nel 1969 Brian Jones, ormai abbandonato
al suo destino di autodistruzione e sostituito con Mick
Taylor, viene trovato morto nella sua piscina. L’autopsia
parlerà di overdose di alcol e droghe. Ma non mancheranno,
negli anni, i sospetti su un suicidio o addirittura un omicidio.
Da questo momento in poi, un’aura di morte circonderà gli
Stones, quasi che la loro leggenda dovesse continuamente
nutrirsi di sacrifici umani.
Nel dicembre dello stesso anno, durante l'esecuzione di
“Sympathy For The Devil” al Festival di Altamont (cui partecipano
anche Grateful Dead, Santana e Crosby, Stills, Nash & Young),
il violento servizio d'ordine degli Hell's Angels, voluto
dagli Stones, provoca disordini, che culminano con l'uccisione
di uno spettatore. Infine, Jagger lascia la Faithful, devastata
dalla droga e più volte sull’orlo del suicidio, e sposa
Bianca Peres Morena de Macias, una giovane aristocratica
nicaraguense. Ma gli ex loschi figuri della suburbia londinese
sanno ancora graffiare. Ne sono la riprova “Honky Tonk Women”
e la suite “You Can't Always Get What You Want” (con coro
a cappella, organo di chiesa e percussioni latine), che
fanno da preludio all’album Let It Bleed, trascinato dal
ritmo di “Gimme Shelter” (ripresa persino in chiave dark,
dai Sisters of Mercy). Rinnova il miracolo l’album Sticky
Fingers (1971), con la stupenda ballata “Wild Horses”, infuocati
rock blues e una manciata di brani con espliciti riferimenti
alle droghe (“Brown Sugar” e “Sister Morphine”). Celebre
anche la copertina ideata dal maestro della pop art Andy
Warhol, con un’autentica cerniera lampo. L'album schizza
al primo posto delle classifiche e inaugura la nuova etichetta
del gruppo (Rolling Stones Records) per la quale esce anche
“Brian Jones Presents The Pipers Of Pan At Joujouka” (1971),
un album di musica etnica registrato dall'ex-compagno poco
prima della scomparsa, durante un viaggio in Marocco.
Il suono del gruppo perde ogni accento esotico e si inasprisce
sempre più. Nel 1972 esce Exile On Main Street, un ambizioso
album doppio dal quale scaturiscono due singoli (“Tumbling
Dice” e “Happy”). I due dischi successivi, Goat's Head Up
(1973) e It's Only Rock And Roll (1974), presentano un sound
più levigato e di maniera (come ammettono, “è solo rock’n’roll,
ma ci piace”), capace però di sussulti degni dei loro anni
d’oro, tra cui la dolente cavalcata elettrica di “Time Waits
For No One” e la tenera “Angie”, che diventerà il loro “lento”
per antonomasia. Nel dicembre 1974, Mick Taylor abbandona
il gruppo e nell'American Tour del 1975 viene rimpiazzato
dal chitarrista Ron Wood (1947, Hillingdon, Gran Bretagna),
già al fianco di Rod Stewart nel Jeff Beck Group e nei Faces.
Il nuovo album Black And Blue (1976) scala le chart grazie
al delicato singolo “Fool To Cry”, ma non aggiunge molto
al loro repertorio. In questo periodo la dipendenza dalle
droghe di Keith Richards (arrestato in Canada per possesso
di eroina) ostacola l'attività della band. Nonostante ciò,
Some Girls (1978) mostra un gruppo in buona salute e incassa
un discreto successo commerciale, con un pugno di canzoni
blueseggianti (“Just My Imagination”, “Beast Of Burden”,
“Some Girls”) e un singolo d'effetto come “Miss You”.
di Claudio
Fabretti
http://www.ondarock.it/Rollingstones.html